Carlo Maria Verardi e l’attualità del suo esempio
L’esperienza professionale, culturale e umana di Carlo Maria Verardi, che insieme ad altri grandi magistrati ha segnato la storia di Magistratura democratica e della magistratura italiana, rappresenta tuttora un punto di riferimento per chiunque abbia a cuore i diritti fondamentali e voglia concorrere concretamente alla loro realizzazione e alla salvaguardia della dignità delle persone.
Ricordo personale di Carlo Maria Verardi
di Luciana Breggia
Carlo ha avuto moltissimi amici con cui ha stretto rapporti autentici, professionali e affettivi.
Le parole che questi amici gli hanno dedicato nel tempo sono molte, e belle[1].
Io non sono stata amica di Carlo quando era in vita, ma lo ho conosciuto in alcune occasioni.
Poi, è stato mio grande amico e maestro per tutti questi anni e lo è ancora.
Mi pareva quasi assurdo scrivere questo ricordo, che può apparire piccolo, rispetto a chi con lui ha vissuto quotidianamente, eppure sento che vuol venir fuori e forse è il momento.
La prima volta che ho visto Carlo è stato ad una cena a Bertinoro, borgo appollaiato su una collina vicino Forlì. Ero appena arrivata come giudice del Tribunale e ho capito ben presto che lì c’era un gruppo di amici e non solo di colleghi e uno di loro era Carlo, che si era trasferito a Bologna. Ogni tanto però venivano organizzate delle cene per fare una ‘rimpatriata’. E ad una di queste ho conosciuto Carlo. Eravamo già a tavola in tanti quando vidi arrivare questo giovane collega dai capelli nerissimi e lo sguardo lucente. Aveva un maglione rosso arancio. Adesso i ricordi si affievoliscono, ma resta la sensazione dell’energia vitale che era in lui e non poteva non toccarti. La gentilezza, ricordo, e l’allegria.
Poi ho avuto modo di rivederlo in un’altra occasione della quale serbo ricordi molto vividi.
Eravamo a Frascati, per un incontro organizzato dal Consiglio Superiore della Magistratura sulla riforma del codice di procedura civile[2].
La formazione, allora, si svolgeva in una Villa dove rimanevano tutti i partecipanti per il periodo del corso. Mi spiace per i colleghi che ora vanno a Castel Pulci, non perché non sia una splendida sede, ma perché non hanno vissuto il clima che l’abitare insieme permetteva. Era facile stringere rapporti e avere scambi appassionati anche nelle pause non dedicate alle lezioni. Il cervello e il cuore camminavano senza essere distratti, e certo non mancavano momenti ludici.
Uno di questi era la passeggiata che dalla Villa portava al paese di Frascati. Ci si andava per muoversi e anche per bere insieme un bicchiere di quel vino leggero da fraschetta.
Era un freddo intenso e mi ritrovai a passeggiare accanto a Carlo. Così parlammo a lungo e scambiammo molte riflessioni sulla giurisdizione, sul processo e non solo. Vi era una sintonia evidente e il piacere di sentire una risonanza nella passione per il mestiere del giudice. Nonostante tutte le difficoltà e le inefficienze, c’era il desiderio di cercare tutti gli spiragli che potevano permettere di costruire un processo e un diritto migliore, valorizzando le prassi più che le norme, il dialogo tra professioni diverse per obiettivi comuni, l’apertura verso altri saperi, con il netto rifiuto del magistrato burocrate. Fu una passeggiata bellissima.
L’ho incontrato ancora in qualche stimolante riunione di Prassi comune a Bologna e poi l’ho seguito nei molti interventi in convegni e incontri di formazione, nei suoi scritti e nei provvedimenti che aprivano piste inesplorate.
Sono innumerevoli le riflessioni che mi ha proposto, direttamente o tramite il ricordo dei suoi amici.
Tra le tante, ho distillato il faro principale, quello che permette di navigare in mari poco o per nulla tranquilli e di tornare in porto: Carlo diceva che i cittadini non sanno che farsene dell’autonomia e dell’indipendenza della magistratura se non servono a tutelare in modo effettivo e celere i loro diritti e interessi. E vedeva con chiarezza il rischio di una giustizia «a due velocità», che scarica l’inefficienza del servizio su chi è meno in grado di sopportarne i costi e i ritardi.
Con questo faro tutte le discussioni, su qualunque profilo che venga in considerazione, dall’interpretazione di norme processuali o sostanziali ai temi ordinamentali, trovano orientamento e senso.
Ho svolto il mio lavoro in tempi che hanno visto crescere le disuguaglianze e le esclusioni, in cui il anche il diritto si è fatto diseguale. Carlo mi ha aiutato a vincere ogni volta lo sconforto, a non perdermi nel disincanto e a proseguire a piccoli passi orientati, con l’impegno nel quotidiano e l’orizzonte del futuro. Nel mio ufficio di giudice e nel movimento degli Osservatori sulla giustizia civile, impegnato a coltivare una cultura della giurisdizione di tutti i giuristi, teorici e pratici, quale strumento di attuazione della Costituzione.
[1] Chi vuole conoscere meglio il suo pensiero troverà moltissimo materiale anche in rete. Qui mi limito a pubblicare un articolo di Gianfranco Gilardi, tratto da un numero di Questione Giustizia dedicato a Carlo (ottobre 2019); nel corso dell’articolo ci sono molti link a convegni a cui Carlo ha partecipato e si può riascoltare la sua voce. Pubblichiamo altresì un suo intervento all’ultimo convegno, quello di Vietri sul mare del giugno 2001, sul tema, a lui particolarmente caro, della formazione.
Gli Osservatori sulla giustizia civile lo hanno ricordato ancora con un video – che pure pubblico nel sito – proiettato in occasione dell’ultima Assemblea nazionale svoltasi a Reggio Calabria, sua città di origine, nel maggio del 2019. Gli Osservatori sulla giustizia civile lo hanno ricordato ancora con un video – che pure pubblico nel sito – proiettato in occasione dell’ultima Assemblea nazionale svoltasi a Reggio Calabria, sua città di origine, nel maggio del 2019.
[2] Mi limito a ricordare che a Carlo è stata dedicata una piazzetta del Tribunale di Bologna, inaugurata il 20.10.2017. In quella occasione alcuni colleghi e amici hanno svolto interventi belli e intensi che si possono riascoltare a questo indirizzo:
https://www.radioradicale.it/scheda/523116/nel-ricordo-del-giudice-di-carlo-maria-verardi-inaugurazione-della-piazzetta-nel
[3] Dalle mie carte, ritengo fosse l’incontro di studio su ‘’La riforma del processo civile: aspetti sistematici ed applicazioni pratiche’’, 23-27 febbraio 1993.
Quale Giustizia per il giusto processo?
Intervento di Carlo Maria Verardi
Salerno 2001
Grazie Eccellenza! Avviso subito che la mia relazione avrà un peso specifico, cioè una pesantezza molto maggiore rispetto a quella dell’intervento del Presidente della Corte d’Appello. Non ho la sua esperienza, non ho la sua capacità di ironia. Vorrei mettere un po’ di spirito positivo, che è quello, e lui ce lo diceva alla fine, senza il quale non ha senso nulla, non hanno senso i convegni, non ha senso il nostro impegno.
In più occasioni il Presidente della Repubblica, Ciampi, ha indicato nelle risorse materiali ed organizzative e nella formazione professionale gli strumenti principali per restituire ai cittadini una giustizia credibile, efficiente, al passo di quella europea. E a questo altissimo monito gli osservatori sulla Giustizia Civile si sono sempre attenuti, sin dal convegno di Bari del ’99, convinti che l’attuazione del giusto processo passi, prima di ogni altra cosa, da una riforma delle culture e della deontologia, che consegni al processo protagonisti culturalmente preparati, efficacemente organizzati, ma anche protagonisti legati da una comunanza dei valori di fondo; comunanza dei valori di fondo, che è il miglior antidoto verso le tentazioni di scorciatoie, di compressione del contraddittorio, di compressione delle garanzie difensive e anche dell’opposto, cioè dell’abuso dei diritti processuali.
Secondo tempo – A Carlo Maria Verardi
Video realizzato per la XIV Assemblea Nazionale degli Osservatori sulla Giustizia civile svoltasi a Reggio Calabria nel giugno del 2019.