Tempi inquieti 1
Il senso del vaso non è il suo guscio ma il suo vuoto.
Viviamo tempi dove domina l’inquietudine. A fasi ricorrenti l’inquietudine circola nella storia dell’umanità, nell’individuo, nelle comunità, nella società.
Pensiamo sia un ‘cosa nuova’, provocata dalla pandemia. In realtà, posso sbagliare, penso che il corona virus abbia fatto da cassa di risonanza a un senso di smarrimento che già pervadeva il mondo. Per questo penso sia utile qualche riflessione su questi temi.
A cominciare da Dag Hammarskjold.
Dag Hammarskjold è stato Segretario Generale delle Nazioni Unite, dal 1953 al 1961.
Volle costruire all’interno del Palazzo dell’ONU una sala di meditazione dove ogni persona potesse ritrovare la quiete. Il suo discorso sul senso della sala ci può aiutare nella valorizzazione del centro di quiete interiore che oggi è essenziale per rimanere in equilibrio e, forse, trovarne uno migliore.
Ciascuno di noi si porta dentro un nocciolo di quiete, circondato di silenzio. Questo palazzo, dedicato al lavoro e alla discussione al servizio della pace, deve avere una sala dedicata al silenzio, in senso esteriore, e alla quiete in senso interiore.
L’obiettivo è stato creare in questa saletta un luogo le cui porte possano essere aperte ai terreni infiniti del pensiero e della preghiera. Qui si incontreranno persone di fedi diverse, e per questo motivo non si potrà usare nessuno dei simboli cui siamo abituati nella nostra meditazione.
Esistono però cose semplici, che parlano a tutti noi nella stessa lingua. Abbiamo cercato questo tipo di cose, e crediamo di averle trovate nel raggio di luce che colpisce la superficie scintillante della roccia massiccia.
Al centro della sala, dunque, si vede un simbolo di come, a tempo debito, la luce del cielo dà la vita alla terra su cui tutti ci troviamo: un simbolo, per molti di noi, di come la luce dello spirito dà vita alla materia.
Ma la roccia al centro della sala ci dice anche altro. Possiamo vederla come un altare, vuoto non perché non vi sia un Dio, non perché si tratti di un altare ad un dio sconosciuto, ma perché è dedicata al Dio che l’uomo adora dandogli molti diversi nomi e molte diverse forme.
La roccia al centro della sala ci ricorda anche di ciò che è stabile e permanente, in un mondo di movimento e mutamento. Il blocco di minerale ferroso ha il peso e la solidità di ciò che dura per sempre. Ricorda quella pietra angolare di resistenza e di fede su cui deve basarsi ogni impegno umano.
Il materiale di cui è fatta la roccia porta i nostri pensieri a considerare la necessità di una scelta fra distruzione e costruzione, tra guerra e pace. Con il ferro l’uomo ha forgiato le sue spade, ma ha anche creato gli aratri. Con il ferro ha costruito i carri armati, ma anche le case dell’uomo. Il blocco di minerale ferroso è parte della ricchezza che abbiamo ereditato su questa nostra terra. In che modo dobbiamo farne uso?
Il raggio di luce colpisce la roccia in una sala di una semplicità totale. Non vi sono altri simboli, nulla che distragga la nostra attenzione o irrompa nella nostra quiete interiore. Quando lo sguardo si muove da questi simboli verso la parete di fronte, incontra un disegno semplice, che apre la sala all’armonia, alla libertà, all’equilibrio dello spazio.
Secondo un antico detto, il senso di un vaso non è il suo guscio, ma il vuoto. In questa sala è proprio così. La sala è dedicata a coloro che si recano qui per riempire il vuoto, con ciò che riescono a trovare nel loro centro interiore di quiete’.